domenica 26 giugno 2011

Dalla strada alla cocaina, dalla cocaina alla palestra (testimonianza)

"Quando si è giovani non ci si rende conto che la minima cazzata può cambiarti la vita, cazzata poi" mi dice così E. ci siamo visti per caso, al bar del quartiere, erano anni che non lo vedevo, si è trasferito, in Spagna "Ti senti costretto a fuggire dai tuoi problemi, dai casini che hai combinato, lasci situazioni irrisolte, cazzo, amigo sai quanto ci ho messo a dimenticare tutto? A ricominciare? Anni ti dico."

Me lo ricordo com'era, figlio della violenza da stadio, da alcool e cocaina il sabato sera, risse in città, dalle notti in questura, dal rimorso per quello che aveva fatto, dalla paranoia di incontrare i suoi veccchi amici quando aveva mollato tutto. Ora l'unica paranoia che gli è rimasta è questa, rivedere i suoi vecchi amici, che lo prenderebbero volentieri a calci in culo, e che prenderebbe volentieri a calci in culo.

"Adesso forse glielo romperei il culo" mi guarda e sorride.

Me lo ricordo la prima volta che è venuto in palestra, "muay thai" sbuffava.
Quando ancora a volte tremava perché la cocaina non girava più in corpo, quando davanti allo specchio faceva fatica a tenere bene la guardia. "Ma dai è una cazzata, sai che io mi agito, i problemi mica li risolvo così" Diceva, tirando dei diretti al sacco che non avrebbero spostato una mosca; ma vaffanculo vieni ti diverti, ti sfoghi, che ti frega? lo avevo convinto

"E cazzo forse non smetterò mai di ringraziarti, avevo poco, niente forse, non avevo la ragazza, avevo tre amici in croce, studiare non ci riuscivo: mi hai fatto iniziare una nuova vita, un nuovo mondo. Vivevo per quello, e anche adesso due anni dopo ci vivo ancora. Le corse, le trazioni, il sudore, il naso storto, il sangue che ho pisciato e piscio dalla faccia, scgliere i guantoni nuovi, avendo nostalgia nel buttare i vecchi. Provare ogni giorno di più a migliorarmi, ad essere migliore. Mi libera l'anima e dimentico tutto per dure ore quando mi alleno. Certo ora ho altro, un lavoro, una ragazza, un posto nuovo, ma non ho smesso di vivere per quello: ho un debito con questo sport e con te".

Quando chiedi a qualcuno perché pratica questo sport tutti dicono -per crescere-,- -perché mi fa sentire libero- -per sfogarmi-, non è una banalità, anche E. me lo dice, lo dice con un sorriso come lo dicono tutti. Nonostante i nasi rotti, gli occhi gonfi, le articolazioni andate.

Lo leggi negli occhi quando salgono sui ring, leggi il passato di tutti quei ragazzi, vedi quelli che escono da situazioni difficili, ma anche chi lo fa solo per passione; leggi il "ce l'ho fatta", non perché sono diventati campioni, ma perché sono lì, sono liberi: ed è l'unica cosa che conta.

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